Elizabeth Henderson, discorso di apertura alla conferenza Urgenci a Kobe del 22 febbraio 2010
“Comunità che supportano agricoltura e cibo”
In tutto il mondo, in paesi molto diversi tra loro come gli Stati Uniti, il Giappone, la Francia, la Cina o il Mali, agricoltori e consumatori stanno formando delle comunità che ruotano attorno al cibo coltivato a livello locale: Comunità che supportano l’Agricoltura (CSA), Teikei, AMAP, Reciproco, ASC… i nomi possono anche essere diversi ma la sostanza è la stessa. I cittadini attivi si impegnano con i contadini locali a sostenere i rischi e a beneficiare dei vantaggi dell’agricoltura biologica. Un secolo di “sviluppo” ha spezzato il legame che esisteva tra le persone e la terra che produce il loro cibo. In qualche decina d’anni in molti paesi nel nord così come nel sud del mondo, il libero scambio ha portato le aziende agricole di piccole dimensioni al collasso. Una serie di scandali che hanno riguardato ciò che mangiamo (malattie patogene generate dal cibo, latte e altri prodotti contaminati da OGM e da inquinanti chimici) ha condotto a una crisi della fiducia del consumatore nei confronti del cibo importato da parte di aziende agricole su scala industriale. La CSA offre un ritorno al cibo sano e salutare ed economicamente sostenibile.
La CSA moderna nasce dal Giappone. Nel 1971 Teruo Ichiraku (1906-1994), filosofo e leader di alcune cooperative agricole, portò all’attenzione dei consumatori i pericoli derivanti dalle sostanze chimiche utilizzate in agricoltura e diede vita a un movimento per l’agricoltura biologica. Tre anni dopo alcune massaie cinesi si associarono ai contadini e diedero il via ai primi progetti di Teikei. Quello stesso anno Yoshinori Kaneko si rese conto che la sua piccola azienda agricola riusciva non solo a sfamare la sua famiglia, ma anche a fornire cibo ad altre persone: calcolò infatti che la sua produzione di riso era sufficiente per altre dieci famiglie. Per reclutare le massaie della zona, organizzò alcuni gruppi di lettura durante i quali venivano discussi argomenti come “L’armonia tra il corpo e l’ambiente”, l’importanza dei cibi integrali e la salubrità della dieta tradizionale giapponese. Nel 1975, dopo quattro anni di “educazione e comunicazione”, Kaneko stipulò un accordo con dieci famiglie per la fornitura di riso, grano e verdura in cambio di denaro e lavoro. I contratti tra gruppi di consumatori con livello di istruzione elevato e agricoltori come Kaneko diedero vita al movimento delle Teikei (cooperazioni) che ancora oggi è in continuo sviluppo. Inizialmente diversi agricoltori che aderirono al biologico ritenevano che le Teikei fossero l’unico modello valido per mettere in comunicazione le aziende agricole e i consumatori. Tuttavia, negli ultimi 35 anni, con l’aumento della richiesta di cibo bio e della pressione derivante dal cibo importato, i contadini giapponesi che coltivano con il metodo biologico hanno dovuto operare scelte diverse per il loro commercio.
Similmente, qualche anno dopo in Svizzera nacquero alcune organizzazioni tra agricoltori e consumatori, senza che ci fosse alcuna prova di una possibile ispirazione all’esperienza giapponese. Rudi Berli, uno degli agricoltori del collettivo di Les Jardins de Cocagne vicino a Ginevra, mi riferì che i fondatori si erano ispirati ai collettivi agricoli in Cile durante il governo Allende e al movimento per il lavoro contadino in Bretagna. Secondo Berli, per molti anni le CSA in Svizzera furono solo tre ma di recente se ne sono formate altre sei ispirate a quelle francesi.
Nel 1985 Jan Vandertuin portò il concetto della CSA da Topinambour (vicino a Zurigo) agli Stati Uniti, dove Robyn van En ne diventò un entusiastico sostenitore attraverso conferenze di biodinamica e di agricoltura biologica. Durante gli anni ’80 e ’90 le CSA si moltiplicarono in modo lento ma costante in tutto il Nord America, raggiungendo le 1000 unità alla fine del millennio. Negli ultimi anni il movimento per il cibo locale, stimolato da diversi libri e film molto noti e dall’incertezza della crisi economica, ha portato a raddoppiare o triplicare quel dato. Le CSA variano in quanto a grandezza: dai piccoli orti che forniscono 5 o 6 famiglie, alle fattorie con decine di ettari che forniscono quote a migliaia di soci.
Nell’arco di 12 anni Just Food, un’associazione no-profit di New York, è riuscita a organizzare 80 gruppi urbani collegati a fattorie che si trovano al massimo a 2-3 ore di strada dalla metropoli e che forniscono 20.000 nuclei famigliari. Nel 2010 prevedono di arrivare a 100 CSA urbane. In California, la Live Power Community Farm ha installato pannelli solari sopra i fienili e organizza programmi didattici per bambini. In Wisconsin, la Vermont Valley sta affrontando il problema del lavoro in agricoltura attraverso una delle soluzioni più innovative: su un totale di 950 soci ne assume 50 disposti a lavorare 4 ore alla settimana per 20 settimane formando una squadra per la raccolta dei prodotti della CSA.
Diversificare la quota di adesione per l’inclusione delle persone che hanno un reddito basso è stato per molte CSA un obiettivo primario. La CSA Hartford Food System di Granby, nel Connecticut, si è dedicata in particolare alle soluzioni per fornire quote alla popolazione a basso reddito. La fattoria vende la metà delle sue quote alla cifra normale, mentre l’organizzazione cittadina raccoglie i fondi per coprire metà del costo delle altre quote attraverso le associazioni dei servizi sociali che distribuiscono il cibo in base alla loro missione. Per citare un altro esempio, le CSA nella zona di Ithaca organizzano cene in campo per raccogliere i fondi che vanno a coprire le quote dei soci a basso reddito.
Negli Stati Uniti si stanno diffondendo anche le comunità che supportano la pesca: alcuni soci di una CSA in Iowa hanno cominciato a spedire le quote di pesce surgelato di un pescatore in Alaska, o ancora gruppi di pescatori che applicano pratiche di pesca sostenibile vendono le quote del loro pescato fresco nel Maine e in Massachusetts.
Negli anni ’90 le piccole fattorie biologiche del territorio inglese hanno ideato un servizio di sottoscrizione di una “cassetta” che prevede la fornitura periodica agli iscritti di una cassetta con una composizione di prodotti. Queste cassette non prevedono il coinvolgimento dei membri nella coltivazione, raccolta e distribuzione del cibo. L’approccio della sottoscrizione è diffuso in molti paesi europei, ma ha avuto una particolare esplosione di adesioni in Danimarca.
Nel 2001, George Pilley della Soil Association ha condotto uno studio concludendo che la CSA porta molti vantaggi sia all’agricoltore che al consumatore: “I consumatori hanno accesso al cibo fresco attraverso un canale certo e con l’opportunità di riconciliarsi con la terra e di influenzare l’ambiente in cui vivono. Le CSA sono benefiche per l’ambiente in quanto a cibo a chilometro zero, imballaggio ridotto e agricoltura sensibile in tema di ecologia, lavorazione del cibo e consumo a livello locale, circolazione del denaro all’interno della comunità che fa crescere le economie locali”.
Nel 2005 la Soil Association ha identificato in Inghilterra un centinaio di collaborazioni consumatore-agricoltore che andavano dalle quote di verdura, carne e frutta per gruppi famigliari, ai progetti “adotta un melo”, alle comunità intenzionali, agli orti urbani, ai progetti di conservazione.
In Francia le CSA non sorsero fino al 2001, ma in seguito di diffusero a macchia d’olio con un numero di fattorie partecipanti che raggiungeva le 300 unità nel 2006 e svariate migliaia oggi.
Oltre all’organizzazione di quattro conferenze internazionali sulla CSA, la rete Urgenci ha portato a termine 24 missioni che prevedevano l’invio di due agricoltori delle AMAP francesi in paesi dell’Est Europeo e dell’Africa per portare ai contadini locali l’esperienza vincente di alcune fattorie in Francia. Ho letto le relazioni delle missioni in Slovenia, Bulgaria, Ungheria, Mali, Togo, Marocco. Le leggi statali sulla sicurezza in ambito alimentare creano seri impedimenti alla vendita diretta e nelle aree rurali il metodo di coltivazione biologico è poco conosciuto o non è supportato. In tutti i paesi toccati da queste missioni il mercato interno dei prodotti biologici è quasi inesistente. La CSA sembra essere in fase più avanzata in Mali, Marocco, Benin e Togo piuttosto che in Polonia e Cecoslovacchia.
Mi sono poi giunte notizie sparse riguardo a progetti di CSA in altre parti del mondo: Ungheria, Olanda, Danimarca, Australia, Tasmania. Alcuni amici mi riferiscono di CSA in Israele e Palestina come anche a Guatemala City e Buenos Aires. Ho letto che ci sono anche qualche decina di CSA in Spagna. Un giovane americano mi ha dato notizie di una fattoria in stile CSA in India.
Per ironia della sorte, la CSA ha raggiunto la zona di Pechino attraverso gli Stati Uniti. Due anni fa Shi Yan, una candidata al dottorato della Renmin University ha trascorso sei mesi presso la Earthrise Farm in Minnesota per apprendere il metodo di gestione di una CSA. Al suo ritorno in Cina è riuscita a convincere la scuola a trasformare nella CSA Little Donkey la fattoria Dondon, base di studi e ricerche dell’istituto per lo sviluppo rurale. Sarebbe interessante vedere se questa CSA continuerà a espandersi e se altre fattorie cinesi cercheranno di replicare il modello CSA.
Liberamente tratto e tradotto da: https://urgenci.net/csa-history/